I VINI CERNIERA CHE UNISCONO L’EMILIA CON LA ROMAGNA

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Vini di frontiera, sorsi cerniera tra l’effervescenza emiliana e la gastronomicità tranquilla della Romagna. Esiste un limite, ideale che diventa geografico e organolettico, quasi mistico, che unisce, come quel trattino amministrativo tra le due identità dalla regione attraversata dalla millenaria via Emilia.

Frizzante, sbarazzina, tenuemente rossista l’Emilia; più rurale, schietta e per certi versi socializzante la Romagna solatia.E poi c’è la cerniera. Quel tratto in cui queste identità e grammatiche enoiche s’incontrano, si avvicinano e si abbracciano.

Lo spazio geografico è quello compreso tra Imola e Castel San Pietro Terme. Il cursore di questo intreccio è però rappresentato da Dozza. Qui, da oltre un secolo e mezzo, precisamente da 167 anni, era il 1858, la famiglia Branchini suggella questo incontro.

Lo fa con una narrazione vitivinicola che trova nella grammatica dell’argilla le declinazioni per i suoi protagonisti del racconto: Grechetto, che dalle parti felsinee prende il nome di Pignoletto, Sangiovesee soprattuttoAlbana. Non mancano poi comparse, non minori ma sicuramente meno identitarie, rappresentate dagli internazionali Sauvignon, Chardonnay e Merlot.

In Emilia Romagna i vini sono nati come indispensabili elementi distintivi della tavola. Dove la grassezza, emiliana, necessitava di essere pulita ecco erigersi a baluardo l’approccio frizzante. Dove invece troneggiavano i sapori forti del quinto quarto, della pecora, del mare ecco le nettezze di strutture e alcolicità romagnola. Oggi è cambiato tanto. Miscellato e contaminato. A questo imprescindibile e incancellabile prerequisito di qualsiasi racconto enoico si aggiungono stilistiche più pop, modaiole, da bagnasciuga. Vini più leggiadri e leggeri, interpretazioni spumantizzate anche da Albana, e Branchini1858 ne è con la sua interpretazione del Metodo Classico a 36 e 72 mesi, uno dei capisaldi e antesignani indiscussi in terra di Romagna.

Proprio l’Albana è la punta di diamante della produzione di Branchini 1858. Nell’ottica della valorizzazione di questo vitigno, l’azienda ha deciso di vinificare le uve per la spumantizzazione.

La prima che ha immesso sul mercato un Metodo Classico a base di Albana: il suo ormai famoso Brut. Croccantezza ed eleganza si accompagnano alla fragranza e vegetalità del sorso. Un vino brioso e versatile che è perfetto a tutto pasto abbinato a pesce, fritture, salumi e con formaggi freschi ed erborinati. Da provare con il sushi (prezzo al pubblico a partire da 15 euro).

Molto più aristocratica e preziosa è la versione 72 mesi. Un Metodo Classico che alza l’asticella dell’effervescenza attraverso una dedica al tempo ma che non ne risente grazie alla sua freschezza e acidità dalla forte vivacità e vitalità. C’è la suadenza del varietale e la delicatezza del riposo sui lieviti che lo rendono un aristocratico interprete dell’identità contemporanea della regina delle uve romagnole.

Sempre in tema di bollicine, questa volta da forte imprinting emiliano è il Canto delle Sirene. Un Pignoletto, che cattura con la sua frizzante persistenza e immediatezza contemporanea. Metodo Charmat, con dosaggio Brut, con sosta di due mesi, si presenta al palato con una facilità di beva che non è banalità o scontatezza. Note fruttate e floreali si amplificano su croccantezza e finezza del sorso. Un vino che gioca sull’equilibrio e cremosità. Da bersi fresco a bordo piscina o sotto l’ombrellone, si accompagna dall’aperitivo fino a fine pasto soprattutto con pesce e carni bianche.

Variazioni sul tema Albana, Branchini 1858 ne offre altre due. Il Dutia. Sua maestà l’Albana fatta sorso quotidiano, gastronomico, amichevole. È apoteosi di florealità e vegetale, di freschezza e originalità officinale. Verticale ed elegante, non nasconde il richiamo varietale ma si arricchisce di una complessità aromatica più acida e verde, su cui spunta tra tutti l’aneto. Un vino che è perfetto come aperitivo, da provare con un pranzo o una cena di pesce d’Adriatico.

Infine, il D’Or Luce Albana di Romagna Docg Passito. L’uva appassisce in cassette, in ambiente ventilato, per circa 3 mesi, poi si passa alla vinificazione, che ha come punto centrale la fermentazione di un anno in barrique nuove. Seguono 12 mesi in bottiglia prima della commercializzazione. Un vino che della complessità, della morbidezza ma anche della sua acuta e fresca suggestione, innalza il giallo con riflessi d’oro antico alla sua massima espressività del vitigno. Non lo si dimentica anche per approcci meditativi, si abbina a biscotteria secca, crostate, dessert a base di crema pasticcera ma soprattutto a formaggi erborinati (prezzo al pubblico a partire da 18 euro).

In tema di bianchi, questa volta internazionali, si possono ricordare il Sauvignon dal profumo penetrante e persistente con richiami varietali netti. In bocca è lungo e armonico, con una buona nota acida che gli conferisce freschezza. Ideale per affrontare primi piatti o secondi di pesce. Altro è l’inossidabile Chardonnay che grazie alla sua tenace acidità e freschezza, accompagnato dall’aroma e dal gusto elegante della frutta fresca, è perfetto compagno degli aperitivi estivi.

Visto il periodo estivo, tra i rossi è possibile puntare sul Sangiovese “base”. Un vero alfiere della cantina Branchini. Un’interpretazione che se abbassata di temperatura, anche fresco, non perde la sua autenticità e personalità. Un vino conviviale, come la Romagna sa interpretare, che a tavola dagli antipasti ai primi di terra non tradisce mai le aspettative. Da provare, però, fresco (12 °C) in accompagnamento con primi piatti adriatici con ragù o sughi rossi ma soprattutto con la grigliata di pesce azzurro.


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